Con la sentenza n. 1982 depositata in data 4 novembre 2014, la Corte d’Appello di Torino ha confermato due importanti principi in materia di retratto agrario laddove esercitato dal proprietario confinante del fondo alienato.

Il primo, di natura processuale, riguarda le modalità e il contenuto della contestazione che il convenuto, costituito in un giudizio avente ad oggetto il retratto agrario, deve dedurre laddove neghi la sussistenza in capo al retraente dei requisiti previsti dalle norme applicabili ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione quale proprietario del fondo confinante (art. 8 della legge n. 590/1965 e art. 7 della Legge n. 817/1971).

Secondo la Suprema Corte di Cassazione la contestazione generica di tali requisiti non obbliga il retraente a dare prova degli stessi, sia nella loro accezione positiva che in quella negativa.

Diversamente si assisterebbe alla violazione dell’art. 167 c.p.c., dell’art. 115 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., ossia delle norme regolanti il giusto processo tese a garantirne il carattere dispositivo che si poggia su una struttura dialettica “a catena”, il sistema delle preclusioni, i principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e il generale principio di economia che deve caratterizzare il processo.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione:

E’ applicabile ratione temporis l’art. 167 cod. civ., come sostituito dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 (a decorrere dal 30 aprile 1995). Ai fini di nostro interesse, questo prevede che “nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda”. I fatti costitutivi del diritto di (prelazione e) riscatto del fondo rustico sono previsti dalla legge (L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, richiamato per i proprietari confinanti dalla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7): sono individuati i soggetti qualificati (coltivatore insediato a vario titolo sul fondo oggetto di retratto; proprietario coltivatore, confinante con il fondo oggetto di retratto); sono individuate le condizioni positive (la durata temporale della coltivazione del fondo, il rapporto tra capacità lavorativa della famiglia e terreni in proprietà, comprensivi di quello per il quale il riscatto si esercita) e negative (la mancata vendita di altri fondi rustici da parte dell’avente diritto alla prelazione). Inoltre, per il proprietario confinante, il diritto è subordinato all’ulteriore condizione negativa, costituita dall’assenza di insediamenti qualificati sul fondo oggetto di retratto (art. 7 I. n. 817 del 1971)” (Cass. Civ. sentenza n. 10860 del 18.5.2011).

Alla luce di tale principio la Corte d’Appello di Torino ha ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione proposto dalla parte appellante per la prima volta nel giudizio di impugnazione, e con il quale si contestava la sussistenza dei requisiti tassativamente previsti ai fini del legittimo esercizio del diritto di prelazione agraria da parte del proprietario del fondo confinante.

La sentenza conferma altresì un altro principio sancito in modo univoco dalla giurisprudenza di legittimità in materia, secondo il quale laddove sia ravvisabile, prima o durante le trattative di vendita o la vendita stessa, la precarietà e l’instabilità dell’insediamento agricolo -evidentemente non destinato a durare nel tempo- e l’affittuario abbia rinunciato al diritto di prelazione, il proprietario coltivatore diretto del terreno confinante può esercitare liberamente il proprio diritto di prelazione.

La giurisprudenza di legittimità citata dalla Corte Piemontese, la stessa in forza della quale si era pronunciata il Giudice di primo grado e richiamata dal retraente, afferma che:

Dato tale sistema normativo  non può ritenersi che affittuari, mezzadri, coloni e compartecipanti siano insediati sul fondo allorché – nei confronti del proprietario di questo – essi abbiano rinunciato, oltre che al diritto di prelazione, alla proroga legale del contratto agrario e si siano impegnati al rilascio del terreno in un tempo che, in relazione all’importanza dell’azienda e alla natura delle attività produttive svolte, sia idoneo a consentire l’ordinata e graduale cessazione dell’impresa; in tal caso – non potendo più dirsi radicata con proiezione in futuro un’autonoma impresa agraria – non sussiste più alcun ostacoloall’esercizio del diritto di prelazione da parte del proprietario confinante” (Cass. civ. Sez. III, 10-10-1992, n. 11087).

Nel caso di specie la parte retraente aveva dato prova della rinuncia da parte dell’affittuario all’esercizio del diritto di prelazione sul fondo, nonché della precarietà dell’insediamento a fronte dell’accettazione della cessazione della conduzione agraria in un periodo antecedente alla stipula del contratto preliminare di vendita.

Leggi qui la sentenza S22BW-414111912120

 

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