Il Tribunale di Cuneo, con la sentenza n. 34 del 15.1.2013, ha condannato la Banca Regionale Europea spa a risarcire il danno patito dai propri clienti, tutti appartenenti allo stesso nucleo famigliare, in conseguenza del crack della Banca Americana Lehman Brothers.

Gli attori erano stati indotti all’acquisto delle obbligazioni Lehman BR TR13 TV CPI Index Linked descritte dal funzionario come titoli sicuri ed esenti da rischi.

In corso di causa, a seguito di relazione tecnica depositata dagli attori, è invece emersa la natura rischiosa del titolo, trattandosi di obbligazione strutturata con cedola esposta al rischio di deflazione.

La sentenza evidenzia che già dalla metà del 2007 il fallimento del colosso americano poteva essere percepito dagli operatori qualificati di settore tramite specifici indici di deterioramento.

Il Giudice ha dunque accertato l’effettiva natura delle obbligazioni Lehman Brothers nonché la prevedibilità del fallimento della Banca d’Affari statunitense e ha condannato la Banca a risarcire il danno consistente nella perdita dell’intero capitale investito, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a fronte delle gravi violazioni commesse dal soggetto intermediario il quale non ha operato in ottemperanza alla normativa di settore, anche violando un obbligo di informazione continuativa.

La Corte d’Appello di Torino, con più recente sentenza, (n. 349 depositata in data 19.2.2014 – Pres. dott. Luigi Grimaldi – Cons. Rel. dott.ssa Caterina Mazzitelli), porta avanti il ragionamento seguito dalla sentenza del Giudice di Cuneo confermando la responsabilità della Banca intermediaria nell’ambito della negoziazione di titoli Lehman Brothers inseriti, nella fattispecie, nel listino delle obbligazioni a basso rischio-rendimento redatto dal Consorzio Patti Chiari.

La sentenza è sicuramente di rilevante importanza.

Nella fattispecie esaminata dalla Corte d’Appello di Torino è accentuato il rilievo dell’obbligo di informazione posta in capo all’intermediario.

Osserva il Collegio giudicante che l’inserimento del titolo negoziato nel Listino Patti Chiari comporta per la banca di intermediazione finanziaria l’obbligo, rilevante anche sotto il profilo pattizio, di informazione continuativa, perdurante anche successivamente all’investimento.

Il Giudice di secondo grado ha ritenuto, doverosamente, di verificare se vi erano state delle variazioni del livello di rischio, successivamente alla negoziazione, la cui mancata rilevazione e comunicazione, avrebbe potuto comportare violazione dell’obbligo di informazione da parte dell’intermediario.

La Corte ha dunque disposto d’ufficio -per quel che si desume dalla stessa motivazione della sentenza- una consulenza tecnica al fine di verificare la sussistenza di una variazione significativa del livello di rischio delle obbligazioni Lehman Brothers.

Il consulente tecnico del Giudice ha dunque confermato che già a partire dall’anno 2007 era riscontrabile una flessione negativa dell’andamento del titolo Lehman e un notevole aumento del rischio nell’ambito di un contesto generale fortemente negativo.

Così si pronuncia la Corte territoriale piemontese:

(…) il contratto 13 aprile 2007 nelle clausole finali prevede che il titolo fa parte dell’elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento redatto nell’ambito del progetto Patti Chiari; da ultimo, il contratto prevede espressamente che in base degli andamenti di mercato il titolo potrà uscire dall’elenco successivamente alla data dell’ordine e che il cliente sarà tempestivamente informato se il titolo subirà una variazione significativa del livello di rischio.

È indubbio, alla luce di tale dato testuale, che la banca, in caso di variazioni significative del rischio, aveva l’obbligo di segnalare le modificazioni della situazione all’investitore.

La problematica di causa consiste per l’appunto nell’accertamento della ricorrenza o meno di siffatte variazioni e pertanto nell’accertamento della sussistenza o meno di un inadempimento negoziale a carico della banca per violazione del predetto obbligo informativo. (…) A questo riguardo occorre procedere alla disamina degli accertamenti svolti dal consulente tecnico nominato in questo grado di giudizio.

È assodato che il titolo ha mantenuto il Rating A+ sino al default risalente all’autunno del 2008.

(…) va detto che secondo il consulente a decorrere dal luglio 2007 era riscontrabile una flessione dell’andamento del titolo sul mercato.

Segnatamente attesa il ctu: che in data 10 luglio 2007 il titolo scendeva per la prima volta sotto la pari; che in data 13 settembre 2007 il titolo scendeva di 4,5 punti sotto la parità; che in data 9 novembre 2007 l’obbligazione oggetto di causa per la prima volta scendeva di oltre cinque punti sotto la parità; che nel marzo dell’anno successivo si assisteva ad una flessione molto importante allorquando la quotazione scendeva in data 10 marzo 2008 a 89 punti mentre in data 17 marzo 2008 scendeva a 83 punti vale a dire rispettivamente 11 e 17 punti sotto la pari e comunque mai oltre i sette punti sotto quota 100; che dal 3 luglio 2008 l’obbligazione oggetto di causa rimaneva costantemente al di sotto dei 10 punti sotto la pari sino all’aggravamento finale risalente alla settimana tra l’8 settembre e il 15 settembre 2008 (vedi pag. 32 della consulenza).

A fronte di tali dati non si può non evidenziare che la flessione molto importante risale al marzo del 2008, allorché il titolo scende per la prima volta ad 89 punti vale a dire di 11 punti sotto la parità.

A tale data, essendosi verificata una variazione del rischio significativa, la banca avrebbe dovuto avvertire i clienti.

Va segnalato altresì che il consulente (vedi pag. 43 e 44) ha segnalato che in data 26/04/2008 e 10/10/2008 sono stati pubblicati due articoli di stampa finanziaria, tra cui, il primo, comprovante il rilievo della fuoriuscita in un solo giorno di 200 titoli oltre alla riduzione del numero di titoli compresi nell’elenco Patti Chiari di oltre 500 unità nel periodo compreso fra l’agosto del 2007 e l’aprile del 2008, situazione compatibile con la difficile fase del mercato obbligazionario dovuta alla crisi finanziaria innescata dai mutui “subprime” ed, il secondo, attestante il riscontro già da due anni del crollo delle quotazioni dei titoli Lehman.

Trattasi di dati, sia pure oggetto in parte di pubblicazioni successive, comprovanti la presenza nel periodo precedente di evidenti segnali di allarme.

Il ctu ha poi concluso sostenendo che l’andamento dei titoli, l’aumento del valore di rischio e l’aumento delle quotazioni dei CDS rappresentavano alcuni dei segnali di mercato indice di un notevole aumento del rischio nell’ambito di un contesto generale fortemente negativo.

Tali dati, nel loro complesso, ancorché vi fosse la percezione che la società potesse riprendersi stante le notevoli dimensioni, avrebbero dovuto indurre la banca ad usare la dovuta diligenza nell’assumere idonee informazioni in vista dell’adempimento dell’impegno negoziale informativo anzidetto.

Detto inadempimento negoziale è di certo ricollegabile eziologicamente alla perdita lamentata, dovendosi presumere che gli investitori avrebbero venduto il titolo se fossero stati avvertiti della gravità del rischio”.

La sentenza della Corte d’Appello di Torino segna un significativo consolidamento della giurisprudenza più garantista che trova conferma in significativi precedenti quali le pronunce del Tribunale di Salerno, sentenza del 20.10.2012 e del Tribunale di Catanzaro, sentenza del 2.3.2012.

 

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>