La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n.29353, pubblicata in data 18-06-2018, si pronuncia in materia di responsabilità finanziaria confermando alcuni principi di rilevante importanza.
Il primo principio conferma che la sottoscrizione della clausola di inadeguatezza, eventualmente apposta sull’ordine di investimento, come prevista dall’art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/1998 vigente all’epoca dei fatti di causa, non costituisce dichiarazione confessoria (conforme Cass. Civ. n. 20178/2014), non incide sul riparto dell’onere di allegazione e prova e non costituisce certamente prova dell’adempimento dell’obbligo informativo posto a carico dell’intermediario.
La detta clausola opera casomai quale presunzione “semplice” che quell’obbligo sia stato assolto; tuttavia, accertata in concreto l’inadeguatezza dell’operazione e la mancanza di informazioni al riguardo, una simile presunzione non opera o comunque è da ritenersi superata. La Corte di Cassazione conferma pertanto che, violato l’obbligo di comunicare ai clienti tutte le notizie conoscibili in base alla necessaria diligenza professionale e tutte le specifiche ragioni idonee a rendere l’operazione inadeguata rispetto al profilo finanziario degli investitori, compresa l’informazione attinente il pericolo di default dell’emittente (nel caso concreto dell’Argentina), l’intermediario finanziario ha l’obbligo di astenersi dall’effettuare l’investimento.
L’ordinanza in esame appare certamente interessante e in linea con l’orientamento più recente, anche sotto l’ulteriore profilo riguardante la prova del nesso di causa.
La Corte di Cassazione conferma il principio di diritto, già statuito con un precedente arresto (Cass. Civ n. 3914/2018), a mente del quale l’inosservanza dei doveri informativi ingenera una “presunzione” di riconducibilità all’intermediario stesso dell’operazione finanziaria, costituendo “un fattore di disorientamento dell’investitore che condiziona in modo scorretto le sue scelte di investimento”, sicché il danno che ne deriva è certamente da imputare all’intermediario medesimo.
Il principio trae origine da una considerazione oggettiva e non censurabile: il legislatore, con la normativa di settore regolante la responsabilità dell’intermediario finanziario (il TUF e i successivi regolamenti di attuazione della Consob), ha voluto prevedere una tutela dell’investitore tale per cui tutte le informazioni specifiche previste in sede di investimento, sono necessarie all’effettuazione di scelte di investimento “consapevoli” ed “oculate”, sicché deve presumersi, fino a prova contraria, che quel dato rischio il cliente non lo avrebbe corso se fosse stato adeguatamente informato.
In presenza di un comportamento illegittimo dell’intermediario finanziario, l’investitore inconsapevole è dunque esposto ad un rischio che gli può essere addossato solo laddove l’intermediario dimostri di aver dato una informativa adeguata.
In difetto il danno è da ricondursi all’intermediario finanziario.
Cass. Civ. I^ sez. civ. ordinanza n. 29353 pubbl. 18-6-2018

 

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